Gabriele Buratti

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Tiziana Vanetti

in mostra dal 19 Novembre al 10 Dicembre 2016

orari 9.30 – 13.00 e 16.30 – 19.00

Galleria VERNICEARTE – Piazza Massari, 6 – Bari

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Gabriele Buratti

Nasce a Milano nel 1964, laureato al Politecnico in Architettura del Paesaggio, sviluppa negli anni interesse per i carattere fisici, antropici, storici e strutturali del territorio che influenzerà profondamente la sua opera di pittura, scultura e fotografia.

La sua ripresa di moduli, ormai sintetizzati in un percorso che altri storici hanno già richiamato come neopop, localizzando stilemi classici del nostro tempo, avvia un radicamento con la storia sociale ed economica. Basti ricordare cosa fu del pop negli anni Sessanta del Novecento, quando per l’appunto una serie di artisti misero in cornice certe icone del loro tempo, attrici, oggetti, persino la nascente Coca Cola.

Ancora oggi c’è chi come Gabriele Buratti vuol significare la sua storia artistica con le immagini delle città europee e statunitensi come Londra in primis e New York, o la passerella di quella che vorrebbe essere una sorta di icona urbanistica, quasi presa a prestito da un settimanale o da un depliant turistico.

I suoi dipinti contengono anche un marchio, che marchio non è, perché è un vero e proprio codice a barre, lo stesso che troviamo sui prodotti, e che segnano la produzione del nostro tempo, caratterizzata da un forte consumismo. Ebbene, proprio questo marchio è diventato un’icona, un segno, un’immagine forte che ruota quasi sempre nei dipinti del nostro artista, dando di lui un’idea forte della sua arte che non è avulsa dalla storia degli ultimi anni, di quella storia economico-sociale che ha dato ai paesi occidentali e capitalismi processi accelerati.

A questi segnali va aggiunto come il Buratti campioni le scenografie dei suoi dipinti con toni brunati, qualche volta nerastri, come fossero dipinti che hanno raccolto paesaggi persino sironiani. Questi toni, queste fumie, queste nebbie che svaporano bianchi cirri su fondali anneriti non tralasciano emozioni culturali forti, diventano le nuove magie del terzo millennio, e ci dicono come ancora oggi l’arte descriva il proprio tempo senza tralasciare il cuore della poesia.

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Tiziana Vanetti

Scegliere oggi di rimanere fedeli alla figurazione significa compiere una scelta coraggiosa, che implica la necessità di trovare un linguaggio pittorico assolutamente personale, che sappia raccontare quel sentimento delle cose e della natura che alberga in ognuno di noi, ma che ‐ artisticamente ‐ non può più limitarsi alla mimesi.

Occorre essere in grado di trascendere il concreto, ciò che si offre al nostro sguardo e dar vita ‐ piuttosto ‐ ad opere che esprimano l’evocazione atmosferica e formale del dato reale all’interno dello spazio dell’opera.

L’artista deve trovare in sé la grazia di uno stile spontaneo, non ridondante nell’essere descrittivo, certo senza inseguire l’azzeramento espressivo, quanto piuttosto costruendo un’evocazione che sia quasi “visionaria”, che si affermi come risposta alla mancanza di senso “ostentata” da molta parte dell’arte contemporanea.

Tiziana Vanetti è artista capace di porsi in questa dimensione. La sua pittura si presenta talvolta come un delicato affresco di scene di vita quotidiana, come cogliamo nei suoi “interni” ed “esterni”. Altre volte invece il soggetto è il paesaggio. Un paesaggio a noi noto e caro.

Con i propri dipinto del ciclo “Wild” rappresenta la natura, i boschi dei propri ricordi di infanzia. La brughiera lombarda, in parte ancor oggi intatta in certe zone di provincia. La Vane va a recuperare le memorie passate, quelle dei racconti ascoltati la sera davanti al fuoco, degli anni in cui erano ancora molti i segni del recente conflitto mondiale, e quindi dell’interfaccia dell’uomo con l’ambiente che diveniva rifugio, luogo di transito, nonché preziosa risorsa a cui attingere (cibo, legna per riscaldarsi). Oggi di quei boschi poco è rimasto, ma per l’autrice essi continuano a rappresentare un luogo di pace e mistero, in cui ritrovare un autentico contatto con la natura e con quanto di prezioso essa rappresenta e ha rappresentato. Tiziana li racconta con pochi colori, quasi in “bianco e nero”, oserei dire, con un tratto veloce, sicuro, quasi gestuale. Ma ce ne trasmette intatta l’atmosfera dolce ed elegiaca.